Milano lost in #smartworking

A Milano ci si pre-dispone al rientro in ufficio – un pieno ritorno al “prima” definito, ancora, “normalità”. Quel “prima” però non è già più.

Infatti le aziende private- specie quelle grandi – si sono già predisposte per non costringere le persone a tornare in ufficio ogni giorno, cinque giorni la settimana, mascherati e costantemente igienizzati, e poi tutti allegramente in coda al casello per prendere aria nel weekend.

Milano in questi anni ha attratto dipendenti, liberi professionisti, nomadi digitali – che l’hanno scelta, pur potendo lavorare altrove, perché stare a Milano aveva un valore aggiunto, di vitalità e opportunità.

Come tutte le esperienze traumatiche, il lockdown ha determinato nelle persone nuove priorità. La qualità della vita, gli spazi, il controllo del proprio tempo – come scrive Chiara Bisconti – sono diventate esigenze primarie, come prima sembrava essere l’aperitivo di networking.

Dopo il lockdown molte persone da Milano hanno cominciato ad andar via. Disdicono l’affitto, si riappropriano dei luoghi di famiglia, si predispongono a una nuova normalità – diversa da quella di prima.

Se Milano teme lo smartworking rinuncia a rispondere ai bisogni attuali, che le persone esprimono già – ad esempio scegliendo di comprare case più grandi, nel verde, lontano dalla città.

Il “ritorno al passato” non si addice a Milano – che è Milano se guarda avanti. Guardare avanti, dove?

Facciamo tre esempi.

1 – Clima, aria, ambiente. Una città dove quasi tutto è verde, pochissimo grigio e il resto, il cielo, è blu. E dove, temperature umane e ossigeno non sono prerogativa di chi se li può permettere, è una città in cui si vivrebbe più volentieri.

2 – Libertà. Lo Smartworking, quello vero, ha effeyyi positivi sulle persone, l’ambiente, la sostenibilità del vivere in città. Milano sa fare rete con le università, le expertise diffuse, le imprese. Può fare della città una frontiera di libertà nel modo di lavorare. E quanto valga la libertà, lo si è appreso tutti quando, per tutti, la libertà è venuta meno. Milano smartworking city farebbe parlare di sé, e se ne parlerebbe bene.

3 – Persone. Dai cinquanta in giù abbiamo tutti sperimentato il senso della regressione – dallo status economico alla soddisfazione personale – fino al punto in cui ci si fa i conti e si decide che non conviene più. Non ci si può stupire se la gente, verificata la modalità smartworking, abbia preso in considerazione l’opzione del “southliving“. Milano può imparare a offrire alle persone un luogo di vita e non più solo un luogo di lavoro – di cui, oltretutto, non si riesce più a giustificare la necessità.

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